Nel 1852 al Colle del Teodulo venne realizzato il primo rifugio escursionistico; a quota 3317 metri, al valico aperto sul confine italo-svizzero, tra la piramide del Cervino e le cime del massiccio del Monte Rosa
In origine era una capanna di pietra, con tetto in legno di larice, ottenuta da materiale di recupero di antiche fortificazioni fatte realizzare nel 1688 dal Duca Amedeo II.
Il rifugio venne poi acquistato nel 1915, al costo di 23.346 lire, dal Club Alpino Italiano.
Da allora seguirono nuovi rifugi per agevolare le ascensioni e le traversate: l’Alpetto al Monviso nel 1866, la Balma della Cravatta sul Cervino nel 1867, la Capanna Gnifetti nel 1876 e il primo rifugio delle Dolomiti lungo la via di salita alla Marmolada nel 1877. A inizio Novecento erano più di cento.
Ora se ne contano circa 130 sulle Dolomiti, più di 200 in Piemonte, 150 nelle zone montane lombarde.
Non più rifugi semplici che in passato richiedevano grande spirito di adattamento; addirittura nelle Alpi Orobie, in Alta Val Seriana, è nato il primo rifugio di montagna fruibile anche ai diversamente abili e non vedenti: l’Alpe Corte, a quota 1410 metri.
All’insegna di una montagna alla portata di tutti.
Il rifugio, luogo ospitale?
Mercanti e viandanti, a distanza di un giorno di marcia avevano bisogno di luoghi dove trascorrere la notte e rifugiarsi in caso di maltempo. Seguivano piste obbligate, tortuose, con accentuati dislivelli in prossimità dei valichi.
Allora erano sufficienti ricoveri spartani ed essenziali dove ritemprarsi dalla fatica della giornata.
Il Teodulo è stato il primo hospitale nato sulle Alpi, infatti, fin dall’epoca romana il Colle del Teodulo rappresentava una via di comunicazione frequentata dai pellegrini e viandanti.
Anche lungo il Passo del Sempione, del Gottardo o del Gran San Bernardo – il valico alpino maggiormente percorso nel Medioevo – i pellegrini potevano contare sull’assistenza spirituale e materiale degli hospitia, opere gestite a scopo assistenziale da ordini religiosi, dove trovare asilo in sale con più giacigli e un altare dove poter pregare.
Solo in un secondo tempo a queste strutture modeste si affiancarono locande e costruzioni equiparabili ai nostri alberghi, di cui usufruivano soprattutto ricchi mercanti, banchieri ed ecclesiastici di passaggio.
Rifugi armati?
È storia più recente quando la vicinanza al nemico fece diventare teatro di guerra le vie ferrate e i rifugi posti lungo il Vallo Alpino Orientale e Occidentale.
Sulle Alpi i primi rifugi furono costruiti a fine Ottocento in un clima di esasperato nazionalismo, sopra a roccaforti di roccia invalicabili, in posizioni oggi panoramiche ma allora altamente strategiche, dove i soldati del Genio realizzavano sortite esplorative per stabilire quale era la miglior via per sferrare un’eventuale offensiva.
Alpinismo, esplorazioni, conquiste, potevano nascondere importanti operazioni di ricognizione militare, controllo di valichi, semplici contese sulla toponomastica.
Queste ragioni stavano dietro la costruzione dei rifugi, mulattiere, strade vertiginose, opere di alta ingegneria e ardita progettazione che oggi rappresentano un valore aggiunto per il turismo outdoor.
Articolo da: Trekking & Outdoor